Quando incrociamo qualcuno che improvvisamente ci fa da specchio, l’effetto è al pari di un lieve quanto incontrastabile e irresistibile soffio su un castello di carte: tutto quello che abbiamo costruito finora rischia di collassare inesorabilmente e di farci precipitare in un tunnel buio all’interno del quale è difficile intravedere l’uscita.
Basta un incontro determinante, a rimuovere la pietra angolare delle nostre presunte certezze. Ma, per l’appunto, sono davvero le nostre certezze, o piuttosto le aspettative che il mondo esterno ha su di noi?
Siamo davvero così coraggiosi, risoluti e determinati, efficienti, orientati all’obiettivo, ambiziosi, come narcisisticamente ed egoisticamente ci definiamo? Al contrario, abbiamo il fegato di attraversare quel tunnel oscuro, senz’altro lungo e apparentemente senza fine, ma con il grosso rischio di uscirne rinati? E di morire per risorgere? E di deporre le armi e di mostrarci fragili e nudi?
Ciò che ci incuriosisce, ci intriga e ci interessa ha un grande potere su di noi. Ed è per questo che al contempo lo detestiamo.